I recenti fatti di cronaca occorsi nel Napoletano e nel Torinese offrono lo spunto per una riflessione sull’efficacia del sistema educativo genitoriale

La noia adolescenziale è da sempre una cattiva compagnia, principale responsabile di atti di bullismo fra i giovani. Oggi più che mai, a giudicare dai recenti fatti di cronaca, ben due capitati nello scorso mese. Al Nord come al Sud, a una settimana di distanza, stessa sconvolgente prospettiva: vicino a Napoli un adolescente finisce vittima di violenze perché in sovrappeso, mentre in provincia di Torino un quindicenne viene sodomizzato in una palestra con un attrezzo ginnico.

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Il Paese di Pianura, nel Napoletano: in un autolavaggio, un quattordicenne viene dapprima deriso («sei grasso, ora ti gonfio di più»), poi accerchiato, preso a botte e infine seviziato con un tubo dell’aria compressa, inseritogli brutalmente nell’intestino. La sua colpa? Essere troppo corpulento, almeno secondo i tre ragazzi, di ben dieci anni più grandi, che così hanno deciso di diversificare uno dei loro pomeriggi di noia. Ricoverato all’ospedale San Paolo di Napoli, da principio in fin di vita, il giovane resta tuttora in prognosi riservata. Attualmente l’autore delle torture è rinchiuso in carcere per tentato omicidio e violenza sessuale, mentre i due complici – che avrebbero ripreso la scena con il telefonino – sono stati denunciati a piede libero. Il direttore sanitario del nosocomio prevede la normalizzazione del transito intestinale non prima di un anno. Ma di quanto tempo necessiterà invece la vittima per metabolizzare – riteniamo che dimenticare sia impossibile – ciò che gli è accaduto?

Cantalupa, nel torinese: in una palestra, un quindicenne viene sodomizzato con un attrezzo ginnico da un coetaneo. Si parla di “scherzo” finito male durante l’esecuzione dello squat. Ricoverato d’urgenza in condizioni gravissime all’ospedale di Pinerolo, il ragazzo viene immediatamente operato per ridurre le lesioni legate alla perforazione del retto. La procura dei minori del capoluogo piemontese ha avviato gli accertamenti del caso. Due contesti lontanissimi, la medesima brutalità. Ma, soprattutto, la stessa superficialità nel non considerare i reali rischi conseguenti a quello che viene definito un “gioco”.

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Lo sgomento aumenta dopo aver sentito parlare il padre di uno degli aggressori di Pianura: «Voglio vedere questa violenza dove sta. Mio figlio è un bravissimo ragazzo e l’ha accompagnato all’ospedale. Non l’ha ammazzato». A queste affermazioni è seguita una vera e propria rissa – poi sedata dai carabinieri – fra la sua famiglia e quella della vittima. Retroscena della vicenda a parte, la nostra società ha purtroppo due uniche grandi certezze. La prima, tramandata nei decenni: nella delicatissima fase di passaggio dall’essere bambini al divenire adulti, gli adolescenti non dovrebbero avere a disposizione occasioni di “noia”, ovvero momenti di diversificazione di giornate monotone da riempire in un modo da essi stessi giudicato semplicemente “bizzarro”.

La seconda certezza è ben più sconvolgente (vedi al riguardo gli articoli pubblicati su Servono genitori più attenti verso i figli): la figura genitoriale sembra assente. Mamme e papà – pur con sacrificio – a un certo punto dovrebbero staccare il cordone ombelicale che li lega ai figli. Devono, per il loro bene. Perché farli sentire “grandi” significa anche – e soprattutto – metterli davanti alle loro responsabilità di uomini e donne all’interno di una società, con tutte le conseguenze civili, penali e morali del caso.Le immagini: modelli di tubo ad aria compressa e di attrezzo ginnico con i quali sono state eseguite le sevizie sulle giovani vittime.

Emanuela Susmel

(LucidaMente, anno IX, n.107, novembre 2014)

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